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Influenze musicali

Il mito di Orfeo ed Euridice è, sin dall'antichità, uno dei più conosciuti e amati: una storia d'amore così tenera e, allo stesso tempo, così tragica. Le grandi storie d'amore (soprattutto se tragiche) da sempre ispirano i grandi artisti. Fu proprio il mito di Orfeo, infatti, che più ispirò molti compositori e librettisti, dalle prime opere liriche su libretto di Ottavio Rinuccini, fino agli autori contemporanei, passando da opere liriche a poemi sinfonici, per approdare al musical.

La fortuna del soggetto di Orfeo si può collocare, in primo luogo, nel successo dei drammi pastorali dagli albori dell'Opera sino a tutto il Settecento e, in secondo luogo, sul soggetto in sé per sé: il protagonista, infatti, è un musico, un filosofo, l'artista per eccellenza e colui che incarna maggiormente gli alti valori dell'Arte; la sua amata, è una Ninfa, bellissima, sua fonte di ispirazione. Nell’Orfeo di Claudio Monteverdi (Favola in musica rappresentata a Mantova l’anno 1607), l’intensa partecipazione del compositore, è un fatto insolito per quest’epoca. Fino all’inizio del ‘600 la partecipazione lirica, quasi autobiografica, era pressocchè esclusa; l’argomento era trattato «oggettivamente», anche quando si parlava di morte. In pochi anni, però, assisteremo ad una trasformazione: il compositore vedrà sempre di più il collegamento tra la sua ispirazione e il suo destino personale. Monteverdi durante la composizione dell’opera porta in sè il destino di Orfeo, col quale si identifica non solo secondo modalità estetiche, ma anche personali, poichè alla fine dell’opera la sua sposa morì.

Un'altra importante opera musicale è sicuramente "Orfeo ed Euridice" di Gluck su libretto di Ranieri de' Calzabigi. Si tratta di un'opera suddivisa in tre atti che è stata rappresentata per la prima volta a Vienna il 5 ottobre 1769 a Vienna al Burgtheater. “Orfeo ed Euridice” fu il primo lavoro di Gluck in cui l’autore stesso mette in pratica la riforma dell'opera seria. Si è molto discusso del ruolo reciproco di musicista e librettista nella genesi della riforma stessa e Ranieri de' Calzabigi medesimo ebbe già modo di rilevare, a proposito della sua collaborazione con il compositore tedesco, che, se Gluck era il creatore della musica, non l'aveva creata però dal nulla, ma sulla base della materia prima che lui stesso gli aveva fornito, e che quindi li si doveva considerare compartecipi dell'onore della creazione dell'opera nel suo complesso. Inoltre l’opera contiene un gran numero di danze espressive, un ampio utilizzo del coro e l'uso del recitativo accompagnato. In essa, l'orchestra presenta un carattere preponderante nei confronti del canto, assai più di quanto non fosse mai avvenuto nelle opere precedenti. Un breve riassunto dei tre atti che compongono l'opera:

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Atto I

In un boschetto di allori e cipressi accanto alla tomba di Euridice pastori e ninfe seguaci di Orfeo recano corone di fiori e di mirto: mentre alcuni ardono dei profumi e depongono fiori sopra e intorno alla tomba, altri cantano esortando la defunta ad ascoltare i lamenti del marito disperato, che giace sopra un grande sasso. Poiché egli vuole restare solo col suo dolore, congeda i compagni. Orfeo chiama, cerca, piange il suo bene, e poi, adirato contro gli dei malvagi, decide di scendere nell'Averno per impietosirli e recuperare la consorte, senza la quale non può vivere. Improvvisamente appare Amore, messaggero di Giove.

Impietosito dal suo dolore, il signore degli dèi concede al cantore di scendere al regno dei morti: se riuscirà, con il suo canto, a placare le divinità infere, potrà riavere Euridice; ma Giove pone una condizione: Orfeo non dovrà guardare la sposa prima di aver rivisto la luce e non le dovrà neppure rivelare questo segreto. Se non manterrà fede al patto perderà l'amata per sempre.

Spaventato e stupito, Orfeo immagina il risentimento e l'equivoco di Euridice, ma, pur cosciente della difficoltà di mantenere la promessa, si accinge all'impresa.

 

Atto II

Nei tenebrosi recessi dell'Averno, al di là del fiume Cocito, le Furie e gli Spettri danzano una ridda infernale e cercano di ostacolare il passaggio al temerario mortale. Ma il canto di Orfeo è cosí dolce nel narrare la sua disperata passione, che a poco a poco gli spiriti infernali si placano e si dileguano, lasciandogli il passo. In un «recesso delizioso» di boschetti, prati, fiori, spazi ombrosi, corsi d'acqua, venti, uccelli canori, Euridice, accompagnata da Ombre celesti di Eroi ed Eroine, che vivono in serenità e senza dolore, canta le bellezze del luogo e poi se ne va. Giunge poi Orfeo. Egli contempla la luminosa bellezza dei luoghi che lo circondano, ma non può godere di questa dolcezza, poiché non ha che un desiderio: vuole rivedere Euridice. Infine il coro, ballando e cantando, gliela rende in nome di Amore. Orfeo senza guardarla la prende per mano e la guida sulla via del ritorno.

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Atto III

Attraverso un tortuoso labirinto, Orfeo si affretta a lasciare l'Averno conducendo con sé Euridice. Ma la fanciulla rediviva, dopo la prima sorpresa, non riesce a intendere il comportamento dello sposo e lo assilla di domande. Come è giunto al regno dei morti; e perché non le rivolge uno sguardo? Forse il suo amore per lei è finito? Orfeo non riesce a contenersi quando la fanciulla le dice che preferisce morire piuttosto che vivere senza il suo amore: si volge, e in quel momento Euridice spira ai suoi piedi. Invocandola, disperato, Orfeo vuole darsi la morte per raggiungerla. Ma, ancora una volta, interviene Amore: gli dèi, commossi, rendono la sposa allo sposo, ed Euridice vivrà accanto ad Orfeo. Davanti al tempio dedicato ad Amore, Orfeo, Euridice, circondati da eroi, eroine, pastori e ninfe, celebrano il ritorno alla vita della fanciulla e la vittoria dell'amore sulla morte.

La trama, come già detto, è conosciuta: Orfeo ed Euridice s’amano e, alla morte di lei, l’abilissimo suonatore di liuto non riesce a rassegnarsi all’idea di aver perduto la sua bella per sempre. Sfida il Regno dei morti per poterla ricondurre in vita. La sua abilità con la lira (tale da «ammansire gli animali selvatici e muovere e farsi seguire dai sassi») gli è decisiva per ottenere l’accesso all’Ade, ma il patto prevede che Euridice possa tornare in vita solo se lui riuscirà a condurla fuori dell’oltretomba senza guardarla e senza rivelarle il patto. Orfeo non riesce tuttavia ad evitare lo sguardo della fanciulla e, cedendo al desiderio di vederla, ne provoca nuovamente la morte. A questo punto, il Calzabigi (autore del libretto) si discosta dal mito, facendo intervenire Amore che, vedendo l’intenzione di Orfeo di suicidarsi per ricongiungersi alla sua sposa, la giudica un degno tributo alla sua potenza e gli fa dono della bella Euridice, riportandola definitivamente in vita. L’opera si conclude sulle note di un inno all’amore.

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Come possiamo notare ci sono delle differenze con Virgilio:

  1. In Gluck, Eurìdice è morta sin dall'inizio, mentre in Virgilio la morte della ninfa si inserisce nella narrazione.

  2. In Gluck ,Orfeo non muore perché interviene Amore che gli impedisce di uccidersi fermando il suo gesto e restituendogli Euridice mentre in Virgilio Orfeo muore ucciso dalle Baccanti.

In questo video possiamo vedere una piccola rappresentazione dell'opera di Gluck.

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